Fucine


"Dell'arte del fabro varie e diverse cose…si scoprono nelle specie diverse nelle quali si divide,
conciosia che i magnani siano quelli che si affaticano quasi di soverchio, maneggiando pesi gravi,
e stando alla faccia del fuoco della fucina assiduamente ritti
per non altramente mollificare la durezza del ferro se non col mezzo di ben scaldarlo e ben bollirlo."


T. Garzoni, 1585

 

In Valle Trompia, il metallo ottenuto nei forni veniva affinato in apposite fucine dette "fuochi grossi", dove diveniva ferro malleabile. Successivamente, esso veniva avviato nei "fuochi piccoli", disseminati nella media e bassa valle, dove aveva luogo la trasformazione definitiva in attrezzi dai molteplici usi e soprattutto in armi da guerra.
Gli "Statuti" valligiani attestano che il funzionamento e l'organizzazione delle fucine di "fuoco grosso" fossero simili a quelle dei forni fusori: da una parte, infatti, vi erano coloro che possedevano delle quote azionarie e, allo stesso modo, lavoravano nella fucina; dall'altra chi deteneva partecipazioni che però gestiva affidandole ad altri.
Dalla "Statistica Industriale delle Comunità Valtrumpline" del 1586 e dal "Catastico" del da Lezze del 1609, si viene a conoscenza del numero e delle diverse specializzazioni delle numerose fucine della valle: a Villa esistevano due "fuochi grossi"; a Sarezzo otto, che fabbricavano strumenti per l'agricoltura ed attrezzi per le manifatture locali; a Lumezzane sette "fuochi grossi" e molti "piccoli", che svolgevano opere di trafilatura, producevano chioderie e filo di ferro; a Gardone tredici "grossi" e quaranta "piccoli" per la fabbricazione degli archibugi; a Inzino sei fucine "grosse" e dieci "piccole" da dove uscivano armi da fuoco; a Marcheno e Brozzo molti "fusinetti" per chiodi; a Tavernole un "fuoco grosso" e cinque "piccoli" per canne d'archibugi e moschetti; a Lavone e Pezzaze ce n'erano sei "grossi" e quattro "piccoli" che producevano strumenti per l'agricoltura, insieme a quattro "laminiere"; a Bovegno due "grossi" che lavoravano acciaio.
La produzione di "ferrarezze" era quindi assai diversificata, ma imperniata, in modo particolare, sulla creazione delle armi.
L'attiva politica estera della Serenissima ed una legislazione tesa al miglioramento delle condizioni di vita degli artigiani permisero, tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII secolo, una notevole crescita della manodopera ed un maggiore controllo e coordinamento della lavorazione delle fabbriche da parte dei mercanti imprenditori.
La notevole specializzazione raggiunta dalle fucine diede luogo alla suddivisione in "fraglie", corporazioni di mestiere sottoposte ad una rigida disciplina e gelose custodi della propria specificità.
Con l'avvento dell'industrializzazione e lo sviluppo della tecnologia, anche le officine subirono profondi cambiamenti; i magli furono progressivamente sostituiti da presse più moderne ed i processi di lavorazione subirono un'ulteriore, progressiva accelerazione.