"Aperta la miniera et incontrata buona materia s'uniscono molti paverazzi che non hanno altro con che sostentarsi che le braccia, formando una compagnia divisa in operarii che in quelle profonde caverne spezzano i monti,
et altri che con merletti un poco alla volta a testa china portando la lume in bocca lo asportano fuori della miniera
".
L. DONADO, Miniere, Lettere responsive, Brescia, 1666-1680, doc. 25
In Valle Camonica i minerali di ferro si trovano negli scisti argillosi del Servino: nelle Valli di Corteno si trova siderite e carbonato di ferro; a nord di Malonno siderite e manganese; nelle Valli di Paisco e Loveno siderite, manganese, limonite; nella montagna di Sellero siderite, calcolite, galena e blenda; a Capodiponte, Ono e Cerveno siderite; nella zona di Schilpario siderite. Si trovano inoltre altri minerali industriali quali la barite, la fluorite, il gesso, la dolomia, i solfuri di rame, zinco, argento e bismuto. Le miniere sono generalmente situate tra i 1800 e i 2500 metri s.l.m.
I luoghi di scavo del ferro in Val Camonica furono: Pisogne, Angolo, Breno, Cerveno, Ono, Capodiponte, Paspardo, Sellero, Cedegolo, Saviore, Paisco, Berzo Demo, Malonno, Sonico, Corteno, Edolo, Incudine, Vezza e Temù. Gli attrezzi utilizzati nelle miniere furono principalmente picconi, zappe, punte di ferro, badili e martelli che, alla fioca luce delle lampade a olio, frantumavano la pietra praticandovi fori destinati a ricevere cunei di legno o calcina.
Nel Catastico Bresciano di Giovanni da Lezze per il 1609 si parla dell'utilizzo delle miniere di Cemmo, Cervino, Ono, Loveno, Paisco, Pisogne. Le concessioni di sfruttamento delle miniere di ferro, richieste dai minatori della Valle al Governo di Venezia tra il 1667 e il 1736, risultano essere diciotto per le miniere di ferro di Pisogne, Breno, Loveno, Paspardo, Paisco, Corteno, Saviore, Sonico, mentre altre concessioni riguardano le miniere di rame e piombo. Nel 1703 erano dodici le miniere di ferro in Valle. Nella prima metà del XVIII secolo si assistette ad una brusca riduzione dell'attività estrattiva nelle miniere di Cerveno e Malonno, mentre fu scoperta una ricca miniera di ferro a Corteno. Nel 1797 si registrarono cinquanta miniere utilizzate. Nel 1805 le miniere di ferro erano quarantasette di cui trentuno a Pisogne. Nel 1806 la Repubblica Cisalpina viene inglobata nel Regno d'Italia e si assistette ad un aumento dell'attività mineraria quasi del doppio, effetto della politica di Napoleone di incentivazione di prodotti siderurgici per le esigenze belliche. Solo relativamente all'inizio dell'Ottocento abbiamo dati certi circa le escavazioni di minerale. Tra il 1815 e il 1826 la produzione mineraria camuna diminuì di colpo e si arrivò alla chiusura di vari scavi. Dal 1829 si registrò invece una ripresa dell'attività, che non resse però, nella seconda metà del secolo, la concorrenza con il ferro prodotto in Europa per mezzo di nuove tecnologie di fusione e dell'utilizzo del carbon fossile, meno costoso di quello di legna fabbricato nei boschi locali. Una piccola ripresa dell'attività si ebbe tra il 1900 e il 1913 nelle miniere ristrutturate della bassa Valle Camonica. Dopo il 1935 si ravviarono le vecchie miniere in seguito alla politica nazionale autarchica di epoca fascista. A Pisogne si lavorò fino al 1966.