Personaggi


Attraverso l'esame degli "Statuta medalorum a venis" di Bovegno del 1341, del "Codice minerario" del 1488 e degli "Statuti minerari di Pezzaze" del 1529, si comprende l'organizzazione dell'estrazione del minerale di ferro in Valle Trompia. Essa era organizzata attraverso le societates, successivamente chiamate "Compagnie", che detenevano su base maggioritaria le proprietà di quote dei "medoli". Ad esse, oltre ai privati, partecipavano spesso anche i Comuni valtrumplini sul cui territorio si trovavano le miniere.
Questi ordinamenti valorizzavano l'intraprendenza l'intraprendenza e l'audacia degli scavatori e difendevano strenuamente il diritto alla proprietà.
Attraverso l'esame dei comproprietari delle porzioni del forno fusorio di Tavernole sul Mella, fulcro della vicenda dell'industria del ferro triumplina, è possibile evincere i nomi delle principali famiglie di artigiani, signori e commercianti di "ferrarezze" della valle.
Negli antichi "Annali della Comunità di Pezzaze", compilati da Pietro Voltolino nel 1767 e risalenti agli anni 1426 e 1454, a proposito della vendita di alcune porzioni del forno fusorio di Tavernole, viene nominata un'importante famiglia di artigiani e signori del ferro in Valle Trompia: i Mutti di Grumello di Cimmo, menzionati fino all'Ottocento.
Nei Catasti antichi secenteschi, vengono menzionati i Francino, che, dagli inizi del Cinquecento, misero a punto un innovativo procedimento tecnologico nella produzione delle canne, che rese possibile in tempi brevi l'evasione di commesse da parte della Serenissima.
Nel Seicento anche la famiglia Trivellini di Brozzo era titolare di una ricca manifattura per la produzione delle armi, mentre i Bailo di Sarezzo, a partire dal 1544, conducono una fiorente fonderia di cannoni.
La famiglia Rampinelli viene ricordata come proprietaria di numerose fucine nel territorio del Comune di Gardone. E' Nel 1633 che Antonio Maria Rampinelli scrive al Duca Carlo I Gonzaga di Mantova perché chiamato per far funzionare alcune ferriere poste fuori dalla città. Si tratta di un significativo esempio di come l'imprenditorialità bresciana travalicasse i confini provinciali per esportare la propria perizia e maestria tecnica raggiunta in secoli di lavorazione del ferro.
Nel 1667 la Serenissima concedette ai Comuni della Valle Trompia l'investitura delle miniere dietro pagamento di una decima concordata. I valligiani risposero con una resistenza aspra e tenace all'imposizione del nuovo dazio. Nel 1715 la controversia si risolve quando i comuni minerari stabilirono un accordo con tutte le comunità della valle. Alla fine del dominio veneziano, l'attività mineraria conobbe un declino economico che si accompagnò a quello politico.
Protagoniste del XIX secolo furono le figure dei mercanti-imprenditori a dominare da protagonisti la scena economica della lavorazione del ferro.
Figura di spicco fu Francesco Glisenti di Villa Carcina, che, disponendo di un ingente patrimonio accumulato nei secoli dalla famiglia d'origine (si veda la voce "Territorio", cap. "Valle Sabbia", par. "Personaggi"), acquistò nel 1872 la miniera "Alfredo" di Bovegno e nel 1874 l'intero forno da ferro di Tavernole, completando un ciclo produttivo che dall'estrazione mineraria aveva fine negli stabilimenti di Villa e Carcina. Sfruttamento delle risorse locali, recupero di impianti in disuso ed innovazione tecnologica consentirono al Glisenti di raggiungere un alto livello produttivo, capace di approvvigionare gli stabilimenti governativi militari di terra e marittimi.
Tra il 1885 ed il 1887, vennero acquistati dalla "Società degli altiforni e acciaierie di Terni" il forno Brolo di Bovegno, quello in località Mondaro di Pezzaze e le Miniere Sant'Aloisio di Collio, acquistata poi da Carlo Tassara di Breno, Perpetua di Bovegno, Regina Zoie e Valle della Megua a Pezzaze, oltre a iniziare lo scavo della Stese, oggi oggetto dell'intervento di musealizzazione.