Le famiglie valsabbine impegnate nella fusione e lavorazione del ferro assursero a prestigio e dignità, acquisirono onori e fortune, furono quasi sempre tra le prime che ebbero a dare limpulso delle autonomie e della prosperità al paese, così da essere segnalate tra le principali della valle. Attorno alla loro attività, si sviluppò un commercio intenso che serviva ad alimentare gli edifici minori e richiamava da paesi e province lontani il denaro e le merci.
Ad Odolo, si segnalano le famiglie Pasini, Belegni, Leali, Cattoni, Lanzi e Zanolini, specializzate nella fabbricazione di badili, vanghe e vomeri.
Nel Savallese, prosperavano le famiglie Passerini, Zanetti, Uberti, Lucchini, Gnecchi e Bonomini, le cui fucine producevano ferrararezze varie: chioderie, poleghi, vertighie, lamierini, ecc. Esse venivano vendute nel Bresciano, in Veneto, in Lombardia, fino allEmilia Romagna e a Roma. Per la famiglia Passerini, la cui presenza in valle Sabbia è documentata a partire dal secolo XVII, tra la fine del Settecento e gli inizi dellOttocento, quattordici fucine collocate nei paesi attorno a Casto lavoravano il ferro prodotto dai forni di Ono e Bagolino. Discesi da Alone a Casto nel 1787, per commerciare i propri prodotti i Passerini possedevano in paese un attrezzato negozio e la Ditta correva sotto il nome di Giambattista Passerini.
Il forno di Fusio, nella valletta omonima tra Navono e Odeno, alle sorgenti del torrente Tovere, è legato al nome della famiglia Alberghini di cui tre donne, le Bonefemine da Fusio, dettarono, secondo una leggenda, il testamento del 12 luglio 1002 che concedeva parte dei loro vastissimi beni alle vicinie e cappellanie della valle. La famiglia Alberghini vantò numerosi artisti che si distinsero nella lavorazione del ferro a Navono e Forno dOno, dove possedevano, oltre allaltoforno, numerose fucine. In esse si costruivano attrezzi agricoli, ferriate, ringhiere e varie qualità di chiodi, che venivano commerciati sul mercato della valle e del ducato veneto.
Anche i Rizzardi, che nel secolo XIX si trasferirono a Vestone, provenivano da Forno dOno, dove si dedicarono allindustria del ferro fino alla seconda metà del XVIII secolo.
Originaria di Vestone è la ben nota famiglia Glisenti, la cui presenza in valle Sabbia è documentata già a partire dal 1302. Nel XIV secolo, avevano già perfezionato un edificio da ferro alla confluenza del torrente Degnone col fiume Chiese, presso la località detta Follo. Nel XVI secolo, possedevano un forno a Casto, condotto da un certo Angelo, che nel 1507 assunse la fucina di Roncone nelle Giudicarie. Per tutto il lungo dominio veneto, le fucine dei Glisenti produssero chioderie, armi da taglio, canne da fucili, coltelli, pugnali, attrezzi da lavoro. La loro attività si estese anche nelle Giudicarie, dove fu accolta con soddisfazione dalla popolazione locale e dai Conti di Lodrone. A Lavenone, a partire dal 1832 acquistarono diverse fucine situate in località Grazze, sulla riva sinistra del Chiese, ai confini con Idro. Qui i Glisenti costruirono anche laltoforno, che sorgeva presso la fucina dei Gerardini, acquistata verso la fine del secolo dai Brunori. Nel 1859, sorsero due imprese a Lavenone ed a Carcina per merito di Bortolo e Francesco figli di Giovanni, che dettero notevole impulso al progredire della rinomata industria bresciana e lombarda, affermandosi a livello nazionale.
I Dusenti, Paiardi, Tavoldino operarono a Vestone, insieme alla ricca famiglia Materzanini, che a Villa tramandarono lindustria del ferro fino alla caduta della Serenissima, quando si trasferirono a Nave e quindi a Brescia.
A Lavenone furono noti i Roberti, che cedettero il forno ai Gerardini alla fine del secolo XVIII. Nel Seicento, questi ultimi possedevano una fucina, che in località Murache, due magli presso il ponte del torrente Abbioccolo e altri due presso le case Scolari con sei chiodaroli.
Dai documenti antichi, si deduce che da Bagolino si irradiassero i numerosi costruttori di altiforni, i Benini, i da Lume e i Bazzani.