Boschi e Acqua


"Bruciavano della legna di faggio, di rovere, nocciolo. La legna più forte è quella di carpino nero, carpino bianco…Il carbone veniva fatto lì, sul Monte Gardio, nella Valle Cavallina, ai piedi del Guglielmo, oppure su al Colle di San Zeno. Lì c'erano dei boschi grandissimi, e lì andavano fuori i carbunér e stavano là tutta l'estate…"


Testimonianza raccolta sul campo l' 8 maggio 1999


 

"È statuto che, se alcuno volesse far fabbricare qualche edificio di fucina,follo e simili edifici,
e volesse levar l'acqua da qualche fiume pubblico, possa cavar detta acqua a suo bene placido,
mentre che non sia danno a qualche altro edificio che
prima fusse edificato e a cui servisse detta acqua..."


Statuti di Valtrompia, 1576


 

Il carbone di legna veniva prodotto nei boschi della Valle Trompia, la cui coltivazione era attentamente sorvegliata, nella consapevolezza della sua importanza all'interno del ciclo lavorativo dell'industria siderurgica e di altre attività economiche, così come per il riscaldamento quotidiano dei locali privati.
Il Podestà veneto Giovanni da Lezze nel Catasto del 1609 individua in alcuni Comuni della Valle l'uso di praticare la lavorazione del carbone di legna: a Villa e Carcina, Sarezzo, Gardone, Magno, Aleno, Marmentino, Pezzaze, Pezzoro. Anche Aiàle (da aiàl, piazzola per la costruzione della carboniaia), frazione del Comune di Pezzaze, nella toponomastica rivela la sua originaria vocazione.
Il carbone prodotto nei boschi della Val Trompia era utilizzato principalmente per la fusione e la lavorazione del ferro, come per il riscaldamento degli edifici e delle abitazioni private. Progressivamente, il combustibile disponibile in valle divenne insufficiente alle esigenze della fusione e della lavorazione del ferro, nonostante ne venissero importate cospicue quantità dal Tirolo e dalla vicina Val Sabbia.
Le ingenti quantità di combustibile necessarie alla fusione, raffinazione e forgiatura del ferro causavano pesanti disboscamenti delle montagne, non adeguatamente compensati dalle opere di rimboschimento: il patrimonio forestale si riduceva così di anno in anno e la produzione di carbone divenne progressivamente insufficiente per le esigenze di combustibile della valle.
Le acque del fiume Mella nascono in alta Valle Trompia, presso il Passo del Maniva e le pendici del Dosso Rotondo e, poco dopo, s'incontrano presso il Dosso Doghere. La maggior parte dei novantasei chilometri del suo percorso, che termina nei pressi di Ostiano, in provincia di Cremona, quando confluisce nel fiume Oglio, si snoda nel territorio della provincia di Brescia.
Le ruote dei magli, di varie dimensioni e munite di pale lignee, impiegate nei forni fusori e nelle fucine, nei mulini e nelle segherie, erano dislocate lungo il corso del fiume e dei suoi torrenti.
Le travate ed i canali di derivazione delle acque permettevano di condurre l'acqua del Mella e dei suoi torrenti alle ruote dotate di pale.
La risorsa energetica dell'acqua creò per tutte le comunità della valle problemi riguardanti il suo corretto uso, risolti, a partire dall'antichità, attraverso l'istituzione di veri e propri regolamenti contenuti entro i più ampi "Statuti" valtrumplini.
La necessaria vicinanza ai corsi d'acqua degli opifici esponeva questi ultimi ai danneggiamenti procurati dalle ricorrenti alluvioni.
Travate di derivazione e ruote idrauliche furono sovente compromesse dell'impeto delle acque del fiume in piena, e non di rado si assistette a rovinosi allagamenti degli stessi edifici.