Boschi e Acqua


“Vi sono in questa Valle forni, e fucine da fondere il ferro, maestrevolmente fabbricati sopra il fiume Clisi che la bagna, e sopra altri fiumi perenni che lateralmente discendono per diverse valli niente orride, ed abbastanza aperte all’occhio de’ risguardanti”.


G. Pietro Comparoni, 1782


 

“Dai monti si cavano legne da fuogo et da carboni, che si consummano in detta fucina et altre et forni circonvicini.”


G. da Lezze, 1609



Gli abitanti della montagna valsabbina sin dai tempi antichissimi appresero ad utilizzare le risorse che la natura locale offriva loro.
La vita sociale ed economica delle antiche popolazioni locali, gelose della loro autonomia perché conquistata con dura fatica, si è via via articolata e strutturata con occhio ben attento all’uso comunitario dell’acqua e dei boschi. La radicata condivisione di questi beni preziosi era avvertita come sicuro baluardo contro novità non sempre comprese e sospettate di portare la rottura di un equilibrio sperimentato per secoli.
Nel ciclo della produzione del ferro di epoca preindustriale, la produzione del carbone di legna come combustibile utilizzato nei forni fusori e nelle fucine, l’energia idrica fornita dalle acque del fiume Chiese e dei suoi torrenti, la fusione, affinazione e, infine, la produzione di manufatti finiti erano strettamente legate le une alle altre.
L’acqua del fiume Chiese e dei torrenti Vrenda, Nozza, Tovere, Degnone, Abbioccolo e Caffaro fu la condizione indispensabile per il nascere e il crescere delle prime forme di artigianato.
L’acqua, opportunamente incanalata nelle “seriole” o travate sfruttando sapientemente le pendenze naturali, forniva la forza motrice indispensabile per muovere i magli delle fucine e dei pestalòppe dei forni; nel XVIII secolo, con l’invenzione delle trombe idroeoliche, permetteva di ottenere il soffio necessario ad alimentare in continuità i forni fusori e le fòrge delle fucine. Era per questi motivi che gli opifici erano costruiti lungo fiumi e torrenti o in prossimità di essi.
Oggi è ancora possibile osservare la travata di derivazione dal torrente Vrenda che fornisce ancora l’acqua necessaria a far funzionare i magli della fucina attiva di Odolo. Presso le vecchie fucine di Odolo, Casto e Lavenone, sono altrettanto ben visibili le travate di derivazione delle acque del Vrenda, del Nozza e dell’Abbioccolo.
Il carbone di legna veniva fabbricato nei boschi cedui della valle. Il legname fornito dal boscaiolo, tagliato a scelta ed a scadenza regolare, veniva accatastato con minuziosa precisione fino a formare i cumuli semisferici dei poiàt. Percorrendo a piedi i sentieri, è ancora possibile scorgerne i resti, laddove si intravedono delle piazzole, le vecchie iài, dove cresce soltanto erba e la terra sottostante è nera.
E’ nei boschi del Comune di Capovalle che è ancora possibile assistere periodicamente alla fabbricazione del poiàt: si rimanda in merito alla videoproduzione della collana “Antichi mestieri bresciani”, pubblicata dalla Leonardo s.r.l. nel 1999, intitolata “Il carbonaio. Il poiàt”.